A Gavoi il Carnevale è una cosa seria.

Occasione di incontro e condivisione al pari delle feste religiose, il carattere trasgressivo e irriverente di questo periodo dell’anno è un piacevole vissuto della comunità da molte generazioni.

In tanti hanno tenuto nel cuore i balli nella piazza di San Gavino; i poeti locali ne hanno cantato la gioia o pianto l’impossibilità a festeggiarlo perché distanti, in campagna o al fronte, mentre le anziane ricordano col sorriso di quando si andava a ballare nelle sale e le vie risuonavano dei muttos de carrasecare, i canti improvvisati delle maschere che, in una goliardica questua, reclamavano dolci e buon vino.

Sono arrivati a noi anche i ricordi di quando su mortu de carrasecare, il tradizionale fantoccio del Carnevale, veniva interpretato da una persona molto povera che si rendeva disponibile a ricevere muttos e scherzi in cambio di un po’ di provviste, come formaggio dolci, vino e salsiccia.

I cambiamenti sociali e culturali hanno toccato anche il Carnevale di Gavoi, portando a modificarne alcuni aspetti senza scalfire, tuttavia, quello più importante: lo spirito del vivere appieno tale carattere comunitario.

Il suono del Carnevale

A facilitare il perpetuarsi di tale caratteristica è certamente anche il suono, lo stesso alla base dei canti, dei riti e dei balli e che si fa grande protagonista a Sa Sortilla ‘e Tumbarinos del Giovedì Grasso di Gavoi.

La manifestazione, che vede il raduno (sortilla) di numerosi suonatori, nel corso del tempo è diventata una delle più amate dai gavoesi tanto da far richiamare i paesani emigrati ma soprattutto, di unire sotto il filo conduttore della musica intere generazioni di persone.

Qui morte e rinascita che accompagnano il significato del Carnevale sono espressi attraverso la musica e le vibrazioni dei tamburi che avvolgono i suonatori, trasportati da una memoria primordiale del suono che diventa un tutt’uno con la propria anima.

La maschera comune è quella sonora, mentre le fattezze di ognuno sono lasciate al proprio estro creativo, così come la libertà di iniziare un ballo, eseguire un canto o unirsi alle orchestrine itineranti.

Pare chi si tremet su terrenu – Sembra che la terra tremi.

Il boato avvolge il paese e travolge tutti, si diffonde nell’aria per ripercuotere il personale sentire sino alla fine del periodo più anarchico dell’anno, quando i fantocci di Zizzarrone e Mariarosa bruciano e alle scintille al cielo sono affidati gli auspici per una buona rinascita.

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