Se gli uomini governavano pascoli e bestiame, alle donne spettava la gestione e la cura dell’orto, un lavoro di fatica, di costante e lungimirante pazienza e di salvaguardia.

Partivano al sorgere del sole per raggiungere gli orti nella vallata del Gusana e sull’altipiano di Lìdana; appezzamenti più piccoli erano, invece, coltivati nella periferia del paese, lungo i torrenti ai cui lati si succedevano le ordinate coltivazioni.

Erano frequenti gli scambi di prestazione durante le fasi di piantagione e zappatura; gli accordi per un’accurata gestione dell’acqua, cosicchè anche gli orti localizzati nei fondi inferiori potessero godere delle acque irrigue, e la condivisione delle sementi.

Di anno in anno, queste donne ortolane hanno conservato i semi per re-impiantarli nella stagione successiva in terreni diversi così da ottenere raccolti migliori e abbondanti.

Questo processo di conservazione e scambio ha permesso di preservare le cultivar tradizionali di patate, zucche striate, fagioli, pomodori e cavoli.

Le PATATE di GAVOI

Se oggi possiamo parlare della cultivar storica delle patate di Gavoi, lo dobbiamo sicuramente a quei contadini che, tra la fine del settecento e il secolo successivo, vinsero le proprie resistenze di fronte allo sconosciuto tubero originario delle Americhe, scoprendone le potenzialità nutrizionali e di produttività.

Le zone oltre i 700 metri si sono rivelate perfette per la coltivazione della patata di montagna che si dimostrò ben presto fondamentale mezzo di sussistenza capace di condizionare abitudini alimentari, modificare il paesaggio e influire positivamente sull’economia.

Nel solo 1929 si arrivarono a produrre 60 mila quintali di patate e grazie al commercio del prodotto molte famiglie poterono accumulare risorse utili all’acquisto dei grandi pascoli nelle pianure, utilizzati in inverno da pastori e greggi.

Erano orti che favorivano aperture comunitarie e mentre i commercianti scambiavano il tubero con grani e altre materie prime, la fama della patata di Gavoi iniziava a diffondersi per tutta l’Isola, riconoscendo alla varietà gavoese il valore sia come agro-biodiversità sarda che per le pregiate caratteristiche organolettiche. 

Il profilo genetico della rossa di Gavoi è risultato unico rispetto ai circa 1000 presenti nella banca dati del Science and Advice for Scottish Agriculture (SASA). Nel corso del tempo, le varietà più commerciali hanno sostituito la patata di Gavoi nelle coltivazioni intensive, che sopravvive in alcuni orti familiari e resta regina di alcuni piatti tradizionali.

In cucina

Nella cultura alimentare sarda, la patata occupa uno spazio rilevante e la tradizione gastronomica gavoese non è da meno:

arrosto sotto la cenere o fritte con lo strutto; con la carne di pecora o in sos brocculos, il bollito di maiale e cavoli; nella versione frattà, con pomodoro fresco e ricotta secca o con la pasta; in minestre o zuppe, come s’erbuzu, dove va ad ammorbidire i sapori delle erbe selvatiche di cui è composto.

Ritroviamo le patate anche in tzipulas e rubiolos, i dolci di carnevale, e in su cohone cun foza, il pane di patate cotto su una foglia di cavolo nel forno a legna.

Qualsiasi sia la ricetta, la patata di Gavoi si conferma preziosa biodiversità da continuare a preservare.