C’è sempre uno spazietto per il dolce.

Dal raviolo di ricotta fritto e immerso nel miele, all’amaretto, passando per la sebada, immancabile in un contesto di tradizione agro-pastorale come quello di Gavoi:

due dischi di pasta e un cuore di formaggio fresco, inacidito e, nella versione gavoese, furriau (ovvero lavorato in un tegame con la farina), che da pietanza salata è divenuta il dolce fritto più diffuso e conosciuto dell’Isola, capace di dividere i commensali tra chi la preferisce con il miele o con lo zucchero.

Da sempre i dolci hanno rappresentato un segno capace di scandire i momenti più importanti dell’anno e le celebrazioni più speciali della vita: essi tracciano il tempo festivo e quello quotidiano, investiti di una forte funzione sociale che si esplica già nella preparazione condivisa e compartecipata, oltre che nell’offerta.

Attraverso i dolci si comunica la gioia di una nascita, un traguardo personale o le nozze; si consolidano rapporti di parentela, amicali e sociali e si rafforza la valenza propiziatoria e augurale di specifici momenti dell’anno.

Così ai matrimoni, per esempio, non possono mancare gli amaretti, i sospiri o sa cunfettura, rombi croccanti di mandorle tostate, scorze d’arancia e miele. C’è anche su gattò, losanghe altrettanto fragranti di mandorle e zucchero, le cui rimanenze, con l’aggiunta di uva passa e sapa, diventavano ingrediente principale de su Purtis, un vero e proprio dolce “di recupero”.

C’erano, e ci sono ancora, i biscotti che accompagnano il caffè e i marigosos, meringhe friabili dal cuore morbido che si fanno regine indiscusse di tutte le feste.

Le stesse ricorrenze divenivano occasione per preparazioni ancora più particolari, di cui si è perso un po’ il sapore ma se ne conserva il ricordo. È il caso dei ravioli di mandorle, di quelli di sangue di vitello, con zucchero e scorze d’arancia, o de s’orrosu cun mele, la pasta in formato “tempestine” con miele e zafferano, riservato agli sposi nel giorno delle proprie nozze o consumato nella settimana santa.

I dolci dell’autunno

Non da meno è il rapporto tra i prodotti più golosi della gastronomia con i ritmi delle attività stagionali e della terra, come accade con i papassinos in autunno.

Prodotto in tante varianti quanti sono i paesi di Sardegna, questo dolce porta con sé lo stretto legame con la terra, manifestando appieno il proprio significato a novembre.

In questo periodo, infatti, i semi vengono deposti in grembo alla terra, luogo che condividono con i cari estinti i quali, nella concezione arcaica, erano considerati in grado di controllare e garantire una buona annata e un ottimo raccolto.

Non è un caso, quindi, che noci, nocciole, mandorle e frutta secca in generale, che rappresentano la vita in potenza, siano protagonisti principali nei dolci di questo periodo.

Con glassa o senza; tempestati o meno di confettini colorati, i papassinos (da papassa, uva passa) sono oggetto di dono assieme alla frutta secca e, in tempi più recenti, altri dolciumi, a sos sonadores, come vengono chiamati a Gavoi i bambini che questuano in nome dei defunti.

Parte degli stessi ingredienti si ritrovano anche in su cocone cun sapa, che accompagna il periodo dei Santi, Natale e Sant’Antonio.

Semola, farina, zucchero, un po’ di acqua tiepida e un pizzico di sale; ma anche noci, sapa, miele, uva passa e, a seconda dei propri gusti, più o meno cannella, scorze d’arancia e semi di finocchietto selvatico in un impasto che prende forma in stampi rettangolari di alluminio e cuoce lentamente nel forno tiepido.

Una simile preparazione avviene anche per su cocone biancu, dove gli albumi di uova fresche, che regalano il candido colore al dolce, si aggiungono all’amalgama di noci, mandorle, zucchero e scorze di agrumi.

I dolci del Carnevale

Nell’ultimo scorcio d’inverno occorreva favorire il risorgere del sole e della natura: arriva così il Carnevale, facendosi spazio nello scorrere dell’anno come momento propiziatorio alla fertilità della terra.

L’importante celebrazione non può che avvenire con l’apoteosi dei dolci fritti: i già citati ravioli di ricotta, i rubiolos, palline fritte e zuccherate di ricotta o formaggio dolce; le tzipulas, con o senza patate e dalle dimensioni variabili, dolcificate con la spolverata di zucchero o assaporate salate, ben accompagnate da formaggi e salumi.

Sempre a Carnevale si apre il variegato mondo dei pilichittos: vuoti o pieni, comunque glassati, o a gaddara, nella forma di rombi costituiti da piccole palline di pasta fritte e unite tra loro in un amalgama di zucchero e miele.

Ora non resta che assaggiarli tutti!