Il campanile si scorge sin dall’imbocco della via Sassari, a qualche decina di metri dalla rotonda del paese, oPira ‘e Via, per riportare il suo appellativo in sardo.
A suggerire il toponimo di quest’angolo di Gavoi, un bel po’ di decenni fa, fu un grande pero (pira) che si sporgeva da un altrettanto grande cortile. Sulla strada si affacciavano tante case, ma erano basse, piccole, composte da una o due camere, non c’erano alte pareti né balconi fioriti, al massimo qualche corte attraverso cui si accedeva ad umili dimore.
Chi ha conosciuto la vecchia architettura ricorda con affetto un pezzo di vita di allora: in Pira ‘e Via era il gioco delle carte che dominava la scena. La domenica o nelle sere d’estate, alla fine della giornata lavorativa, per tutta la via era un susseguirsi di gruppetti di persone che, utilizzando sas canisteddas (i capienti cesti di asfodelo) come tavolini, giocavano infinite partite e chiacchieravano allegramente.
A richiamare quell’aspetto ludico e sereno che caratterizzava il vicinato, oggi troviamo una bella esplosione di colori che ha fatto guadagnare alla strada un ulteriore epiteto: Pira ‘e ViArt. Estrosi collage e piccole installazioni realizzati dall’artista gavoese Claudio Marchi si uniscono ai fiori che adornano vecchi usci e moderni balconi, facendo da cornice alla passeggiata verso il cuore del paese.
La chiesa di Santu Bainzu, sormontata dall’alto campanile, segna la fine del rione: da qui si accede alla parte più alta dell’abitato.